Ecco i motivi che ci aiutano a capire come mai il prezzo della criptovaluta dopo sette mesi di letargo sta nuovamente bussando al record oltre i 73mila dollari
Bitcoin a un passo dal record. Nell’ultima giornata il valore della criptovaluta si è portato a 73mila dollari, un soffio dai 73.700 toccati lo scorso 14 marzo. Dopo sette mesi di lateralità e saliscendi il prezzo della prima criptovaluta al mondo è tornato sugli scudi. A questi livelli capitalizza 1.450 miliardi di dollari ed è al decimo posto nella classifica delle asset class più capitalizzate al mondo capitanata dall’oro che vale 18.7o0 miliardi (secondo posto per Apple a 3.558 seguita da Nvidia a 3.440).
A spingere gli acquisti verso Bitcoin – che da inizio anno è l’asset class più performante con un rialzo del 72%, oltre il doppio rispetto al +35% messo a segno dall’oro che a sua volta sta battendo il +23% dell’indice S&P 500 – è probabilmente una combinazione di fattori. Dal punto di vista dei fondamentali il network è in salute. L’hashrate – che misura in parole semplici lo “sforzo energetico” che devono compiere i minatori per estrarre nuovi Bitcoin – è sui massimi storici, a 800 exahash al secondo (EH/s). Ciò vuol dire che la competizione tra i miner per aggiudicarsi nuovi token è altissima. Ed è un segnale di maggiore sicurezza del network e della sua blockchain. Oltre che di maggiori investimenti nel settore da parte degli attori in campo, le società che appunto fanno mining, molte delle quali sono quotate nel listino tecnologico Nasdaq. Anche il numero di transazioni effettuate è in crescita avendo superato la barriera di 1,1 miliardi di scambi.
Buone notizie anche dal punto di vista della domanda. Perché gli afflussi netti che arrivano dai vari Etf quotati negli Stati Uniti – dopo la storica approvazione da parte della Sec dello scorso gennaio – viaggiano al ritmo di 400-500 milioni al giorno da diverse sedute. Nelle ultime settimane solo la giornata dell’11 ottobre si è conclusa con deflussi netti. Ciò vuol dire che stanno entrando capitali freschi sul mercato spot (e non future) di Bitcoin esercitando una pressione sui prezzi dal lato della domanda.
Oltre all’ “effetto Etf” – acquistati negli ultimi mesi anche da fondi pensione statunintensi fra cui lo State of Wisconsin investment board e lo State of Michigan retirement system – c’è anche un “effetto Trump”. Man mano che i sondaggi stanno dando, giorno dopo giorno, il candidato repubblicano Donald Trump sempre più in vantaggio rispetto alla democratica Kamala Harris nella corsa alla Casa Bianca, il prezzo di Bitcoin ne sta beneficiando. Questo perché Trump ha usato parole al miele per accaparrarsi la simpatia dei cripto-investitori ed è perfino intervenuto a fine luglio nella convention annuale su Bitcoin a Nashville. In quello’occasione ha paragonato Bitcoin all’acciaio di 100 anni fa dicendosi pronto ad inserirlo nella Tesoreria di Stato qualora dovesse essere eletto.
Il rialzo delle quotazioni della criptovaluta riflette inoltre un effetto stagionale. Storicamente nell’ultima parte degli anni in cui avviene l’halving – il dimezzamento ogni quattro anni delle emissioni giornaliere previsto dal protocollo su cui si basa questa tecnologia – il valore tende ad apprezzarsi. E questo 2024 è uno degli “anni dell’halving”, dato che il dimezzamento è avvenuto proprio lo scorso aprile (il prossimo è calendarizzato per il 2028). A volerla raccontare proprio tutta, qualora dovesse replicarsi il pattern visto nei precedenti quattro cicli, il prezzo potrebbe seguire un’ulteriore accelerazione anche nell’anno successivo all’halving (che a questo giro sarebbe il 2025). Trovando un picco di euforia e una annessa bolla speculativa che poi, una volta scoppiata, tende a ridimensionarne le quotazioni anche del 60-70%.
Nessuno ha la sfera di cristallo per capire se a questo giro della storia l’andamento sarà simile al passato. Sia perché la base statistica è scarsa (quattro cicli sono insufficienti per avere un solido riferimento) e sia perché ormai Bitcoin – soprattutto dopo la quotazione degli Etf che in un certo senso lo hanno istituzionalizzato – è diventata una classe di investimento sempre più correlata all’andamento dei mercati tradizionali. In particolare alle small cap e alle azioni tecnologiche.
Quindi se per vari motivi la liquidità dovesse defluire da questi asset probabilmente anche Bitcoin, halving o non halving, potrebbe risentirne. Per il momento però, dopo sette mesi di noia, i cripto-investitori – abituati a convivere con una volatilità del 40%, molto più alta del 12-15% delle azioni a Wall Street – possono di nuovo osservare il prezzo là in vetta.
Sorgente: “Bitcoin vicino al record: l’effetto ETF, Trump e Halving spingono la criptovaluta”
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