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Affidaty – Luca Ziliani: Bitcoin e criptovalute: due mondi inconciliabili


Nonostante lo scetticismo iniziale, tipico di qualsiasi innovazione ai primi stadi, ormai è chiaro che le criptovalute facciano parte della nostra quotidianità e che il loro utilizzo di massa porterà una rivoluzione che integrerà ancora di più il mondo digitale nella nostra vita.
Alla base di qualsiasi criptovaluta conosciuta vi è la blockchain: una tecnologia in grado di disintermediare e decentralizzare la gestione delle informazioni e del valore economico ad esse associato e che è considerata una delle tecnologie che nel prossimo futuro saranno alla base dei sistemi informativi aziendali di tutto il mondo.
Poiché ad oggi questa innovazione è stata accettata dall’opinione pubblica e, in buona parte, dagli enti regolatori in tutto il mondo, e poiché le problematiche ambientalistiche ad essa associate sono perlopiù state superate, non si può fare a meno di notare che ci sia una domanda che abbiamo smesso di farci: abbiamo davvero bisogno di una blockchain?

Già, perché quando si parla di innovazione tecnologica ci si aspetta anche una certa efficienza, e invece la blockchain non è un sistema efficiente bensì tutto il contrario, dato che si basa sulla ridondanza delle informazioni in essa contenute, che sono duplicate su tutti i nodi della rete, e sulla Proof of Work, che richiede un’elevata potenza di calcolo (hashrate) e quindi un elevato consumo di elettricità da parte dei nodi stessi, per poter verificare l’esattezza di quelle informazioni e garantirne l’immutabilità. Questo almeno per quanto riguarda la prima che sia stata inventata, nonché l’unica che possa essere definita tale in quanto veramente decentralizzata: la blockchain di Bitcoin.

Sì, perché tutto ciò che è venuto dopo, tutta la tecnologia che sta alla base delle altre criptovalute, non è altro che un tentativo di superare i limiti di Bitcoin, di superare il cosiddetto trilemma della blockchain, il quale prevede che solamente due tra le caratteristiche di decentralizzazione, scalabilità e sicurezza possano essere ottenute a discapito della terza.
E mentre per Bitcoin la scelta di Satoshi è stata di sacrificare la scalabilità, intesa come numero di transazioni al secondo, per Ethereum (post merge), Cardano, Solana, Avalanche, Polygon e Tron, che sono solamente alcune delle più utilizzate, è stata sacrificata la caratteristica di decentralizzazione pur di ottenere una maggiore scalabilità. E a cosa è servito tutto ciò? Solamente a creare decine di “blockchain” aventi tutte, sostanzialmente, la stessa funzionalità anche se con caratteristiche leggermente diverse in termini di meccanismi di consenso, di quantità di nodi della rete e di transazioni al secondo processate, eppure tutte con la stessa nota comune: la mancanza di decentralizzazione.

Ma perché la decentralizzazione è così importante? Semplicemente perché fa sì che una blockchain diventi realmente immutabile in quanto rende più complesso realizzare un attacco coordinato, da parte della maggioranza dei nodi della rete, per modificare le transazioni che vi sono state salvate. Infatti, una blockchain decentralizzata come quella di Bitcoin si basa sul concetto di non fiducia: poiché non ci si può fidare di chi valida le transazioni, dato che avrebbe la possibilità di modificarle per il proprio tornaconto, si obbliga ogni nodo a conservare lo storico di tutte le transazioni che sono avvenute (cosa che avviene generalmente in qualsiasi blockchain) e si rende estremamente costoso ogni tentativo di modificarle tramite Proof of Work (questa è la differenza), disincentivando il comportamento malizioso e retribuendo invece il lavoro svolto per validarle con la creazione di nuove criptovalute (mining).

Ne deriva che ogni blockchain che non sia completamente decentralizzata tenda ad essere esposta a potenziali attacchi e richieda necessariamente agli utenti di riporre la propria fiducia in chi controlla la stessa, specialmente quando quest’ultima si basa sulla Proof of Stake, la quale prevede che i nodi che mettano in staking una maggior quantità di criptovalute vengano scelti con maggior probabilità per validare le transazioni. Di conseguenza, chi possiede più monete può accordarsi e dare vita ad un attacco mirato, che è reso molto più semplice dal fatto che è sufficiente mettere d’accordo al massimo poche decine di nodi e non decine di migliaia come nel caso di una blockchain decentralizzata in cui tutti i nodi della rete hanno lo stesso valore.

Ma allora, se gli utenti devono riporre la propria fiducia in chi ha il controllo della blockchain per avere la certezza che i propri soldi, sottoforma di criptovaluta, siano realmente di loro proprietà, qual è la differenza con i sistemi informativi usati da una banca o da un’azienda tecnologica come Google, ad esempio, dato che sono entità di cui gli utenti sono costretti a fidarsi quando utilizzano i loro servizi? La risposta è molto semplice: nessuna. Non c’è alcuna differenza tra una banca e una criptovaluta basata su una blockchain non decentralizzata, per quanto riguarda chi ne utilizza i servizi, eccezion fatta per la tecnologia, che tra l’altro è molto meno efficiente per definizione, e per il fatto che le banche sono decisamente più regolamentate e, di conseguenza, più sicure. Ma allora perché dovremmo aver bisogno di una blockchain se un sistema bancario già esiste ed è anche più efficiente?

Quel che è certo è che la blockchain, che affonda le sue radici sulla teoria economica di Hayek, è un’innovazione incredibilmente efficace per uno e un solo scopo: disintermediare il concetto di moneta rendendola un mezzo di scambio esclusivamente peer-to-peer per poter, così facendo, eliminare l’influenza monopolistica degli stati sul controllo del denaro e, di conseguenza, eliminare il bisogno di affidarsi alle banche per utilizzarlo.

Questo è il motivo per cui è stato creato Bitcoin, questo è il motivo per cui la Proof of Work, insieme all’adeguamento della difficoltà del mining, è un meccanismo fondamentale per garantire la sicurezza del network e lo è proprio perché richiede un elevato consumo energetico, dato che significa rendere estremamente costoso un attacco alla rete; ed è sempre questo il motivo per cui la decentralizzazione è la caratteristica più importante di tutte: perché se non ci fosse, qualsiasi tribunale potrebbe tranquillamente ordinare di spegnere i server e tutta la blockchain smettere di esistere. Per questo motivo tutte le criptovalute che sono state ideate per superare i limiti di Bitcoin sono, in ultima istanza, destinate a fallire: perché nel momento in cui inizieranno a rappresentare una minaccia per l’attuale sistema finanziario verranno dichiarate fuori legge e dismesse, esattamente come è già successo con l’esperimento di e-gold.

Parlare di criptovalute significa considerare tutto ciò che è al di fuori di Bitcoin e, al momento, qualsiasi soluzione esistente non è decentralizzata e, di conseguenza, è estremamente improbabile ritenere che possa essere una valida alternativa al sistema finanziario mondiale. Quello che rappresenta una rivoluzione inimmaginabile fino a pochi anni fa, invece, è proprio un sistema completamente decentralizzato, perché toglie il potere associato alla creazione della moneta alle istituzioni che lo hanno avuto per secoli e lo riconsegna alle persone; persone che, come stiamo vedendo di nuovo in questi ultimi mesi, alla fine sono quelle che pagano il prezzo delle politiche artificiali di inflazione monetaria decise per loro da tali istituzioni.

La blockchain, quindi, è esclusivamente quella di Bitcoin e Bitcoin è la valuta sottostante che rende questa tecnologia sostenibile economicamente; il mondo delle criptovalute, invece, è un esperimento volto a cercare di sostituire alcune istituzioni secolari con nuove entità, a cambiare gli attori coinvolti ma non il sistema in sé, ed è inverosimile aspettarsi che questo possa accadere perché, come già detto, questo cambiamento non porta alcun vantaggio aggiuntivo per gli utenti, quindi, di fatto, viene a mancare la caratteristica base di qualsiasi rivoluzione tecnologica.
Ciò significa che se la blockchain avrà successo come tecnologia dipenderà esclusivamente dall’adozione di Bitcoin: per dare vita ad un nuovo sistema finanziario è necessario che venga utilizzato in tutto il mondo, o perlomeno in gran parte di esso, ma perché ciò sia possibile è necessario che sia scalabile e, come detto in precedenza, Bitcoin non lo è.

E’ per questo che la vera innovazione, arrivati a questo punto, sta nel non utilizzare la blockchain o, per meglio dire, utilizzare Bitcoin senza la blockchain.
Ed è qui che entra in gioco Lightning Network: un secondo layer su cui memorizzare tutte le transazioni che avvengono tra due utenti tramite l’apertura di un apposito canale e che permette di trascriverle sulla blockchain principale sotto forma di un’unica transazione una volta chiuso il canale stesso (analogamente al meccanismo di settlement che avviene tra le banche, solo esteso ad ogni coppia di utenti della rete). In questo modo è possibile processare un numero di transazioni superiore a quello delle criptovalute basate sulla Proof of Stake e con una velocità di transazione superiore a quelle di Visa e Mastercard, superando quindi il trilemma della blockchain e rendendo Bitcoin utilizzabile quotidianamente, realizzando finalmente la visione di Satoshi di Bitcoin come mezzo di scambio decentralizzato e peer-to-peer che sia anche riserva di valore.

Un’innovazione, per essere tale, deve apportare un miglioramento sostanziale rispetto allo stato dell’arte e cambiare le abitudini di chi la utilizza ogni giorno, sopravvivendo a discapito di tutte le sue imitazioni. La blockchain ha il potenziale per diventare l’innovazione più importante della storia moderna, ma solo se Bitcoin verrà accettato come valuta di base del nuovo sistema finanziario mondiale; e questo avverrà solo se saranno le persone a riconoscerlo come tale e ad utilizzarlo. Eppure, affinché questo accada in futuro, è necessario che ognuno di noi colga l’essenza della tecnologia blockchain, capisca la spinta che sta alla base di un’innovazione così rivoluzionaria e comprenda a fondo quanto Bitcoin e le criptovalute siano due mondi inconciliabili che non possono coesistere e che inevitabilmente, continueranno a scontrarsi finché uno sopravvivrà a discapito dell’altro.

Io scommetto su Bitcoin, e voi?

Dott. Luca Ziliani

Sorgente: Bitcoin e criptovalute: due mondi inconciliabili – Affidaty Blog



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