Cresce l’attesa per il possibile via libera della Sec mercoledì 10. Se le società di gestione allocassero lo 0,5% dei loro asset sull’Etf Bitcoin, sarebbero in grado di innescare flussi per 2.500 miliardi di dollari. BlackRock in prima fila. In serata il Bitcoin tocca i 47.000 dollari | Il bitcoin non è morto e il 2024 lo dimostrerà
In questi ultimi mesi la comunità cripto è agitata da complesse discussioni relative a una tematica che tendenzialmente molti tradizionali esperti del settore cripto non masticano benissimo.
Parliamo di Etf. Come noto, investire su un Etf non significa acquistare il sottostante dell’Etf ma solo i profitti generati dall’investimento cumulativo. Allo stesso modo, investire in un Etf su Bitcoin significa solamente guadagnare sugli eventuali profitti generati dall’Etf grazie al sottostante bitcoin ma non anche acquistare veri e propri bitcoin.
In molti si chiedono cosa succederà quando e se questo spot verrà approvato (molti si aspettano che la Sec dia il via libera mercoledì 10). Per potere affrontare la delicata tematica, è necessario avere una completa conoscenza della natura finanziaria dei contratti spot, e delle differenze rispetto ai contratti forward o ai contratti futures, bisogna sapere cosa sia effettivamente un Etf e cosa ha in mano un investitore su un Etf spot sul bitcoin oltre che i relativi rischi finanziari.
La corsa all’Etf
È innanzitutto bene precisare che un prodotto simile agli Etf, vale a dire un Etn (Exchange Trades Notes) connesso a Bitcoin esiste sin dal 2019: si tratta dell’Etn denominato WisdomTree Bitcoin Trust della società di investimento Wisdom Free (più di 85 miliardi di dollari in gestione), operativo sul Six, la Borsa Svizzera.
Esiste poi un altro Etf correlato (anche se indirettamente) al bitcoin: si tratta di un Etf gestito dalla società di investimento Valkyrie (più di 1 miliardi di dollari in gestione) correlato a società operative nel settore del mining di bitcoin. Questo Etf è stato approvato dalla Sec nel 2022. Le società su cui investe l’Etf operano mining di Bitcoin sfruttando energie rinnovabili per circa, in media, il 77%.
Andiamo però a vedere chi sono le società di investimento che hanno fatto richiesta alla Sec per il trading di un Etf spot sul bitcoin e chi sono i più importanti per asset in gestione. Innanzitutto notiamo che le società sono tutte basate negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda l’ordine di arrivo alla Sec, il primo posto va, sia per rapidità di iniziativa che per persistenza alla VanEck (oltre 70 miliardi di dollari in gestione). VanEck ha infatti presentato per la prima volta la domanda di ammissione alla Sec nel 2018, poi ritirata nel 2019 e ripresentata nel 2020, 2021, 2022 e ora nel giugno 2023.
Se è vero che VanEck è stata la prima, e forse quella che più ha approfondito la tematica bitcoin (oltre a Wisdom Tree e Valkyrie), il re incontrastato della foresta di Wall Street è certamente BlackRock (nome dell’Etf: iShares Bitcoin Trust) che, dall’alto dei suoi 8.500 miliardi di dollari di asset in gestione, ha evidentemente aperto la strada a tutte le altre società di investimento, che si sono precipitate sulla scia della domanda di BlackRock.
Se infatti andiamo a vedere, dopo la domanda di BlackRock nel giugno 2023, non solo la hanno ripresentata subito anche VanEck e Wisdom Tree, ma si sono accodati, in ordine di grandezza: Fidelity (oltre 4 mila miliardi di dollari in gestione; nome dell’Etf: Wise Origin Bitcoin Trust); Franklin Templeton (1.400 miliardi di dollari: Franklin Bitcoin Trust); Invesco Galaxy (1.400 miliardi; Invesco Galaxy Bitcoin Etf; Global X (40 miliardi; Global X Bitcoin Trust); Ark Invest (14 miliardi; Ark 21 shares Bitcoin Trust); Bitwise (1 miliardo; Bitwise Bitcoin Etp Trust).
L’ok della Sec dovrebbe spalancare la porta all’arrrivo dei fondi di investimento
Il consulente di VanEck, Gabor Gurbacs, in una serie di post del 6 gennaio 2024, ha sottolineato l’importanza degli Etf bitcoin per attirare gli investimenti istituzionali, anticipando un potenziale cambiamento di paradigma nel mercato delle criptovalute e dandoci la sua visione a lungo termine dello Spot Bitcoin Etf.
Gurbacs ha delineato una prospettiva più ampia sugli Etf Bitcoin, affermando che i flussi a breve termine, che siano 500 milioni o 5 miliardi di dollari, impallidiscono rispetto al cambiamento monumentale che potrebbe verificarsi nel lungo periodo. Ha sottolineato che con circa 500.000 miliardi di dollari di asset globali che si stanno esponendo al bitcoin, un’allocazione globale del solo 0,5% potrebbe scatenare flussi per 2.500 miliardi di dollari.
Inoltre, l’analisi è accompagnata dall’apprezzamento in corso, dagli investimenti aggiuntivi dei fondi e dal conseguente afflusso di credito dovuto alle speculazioni dell’Etf Spot Bitcoin. In particolare, il consulente di VanEck ha citato le ragioni sopra citate come la forza trainante del forte interesse delle grandi istituzioni. Gurbacs ha poi sottolineato l’aspettativa che gli Etf non solo attirino nuovi investitori diretti, ma anche investitori indiretti, come i fondi.
Gurbacs ha poi evidenziato che gli Etf potrebbero fungere da garanzia, determinando un significativo afflusso di credito nel mercato delle criptovalute e ha richiamato l’attenzione sulla corsa all’accumulo istituzionale tra Est e Ovest. E infatti la mossa di Hong Kong di concedere licenze per gli Etf, è il segno di una competizione tra Cina e Stati Uniti il che ci dà anche una dimensione geopolitica del valore del bitcoin. Gabor Gurbacs ha infine fatto notare come non ci sia mai stato uno strumento finanziario che abbia attirato così tanto l’attenzione di media, società di investimento e investitori negli ultimi dieci anni.
Mentre quindi il mercato delle criptovalute si prepara a rilevanti sviluppi normativi in tutto il mondo, la prospettiva degli Etf Bitcoin è pronta a rimodellare le dinamiche della partecipazione istituzionale nel regno degli asset digitali.
Massimo Simbula, esperto in criptoattività e blockchain
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