Con l’approvazione del decreto di recepimento Micar, l’Italia dà attuazione alla trasparenza e alle garanzie richieste dall’Ue. Mercato da 3 miliardi
Fine dei giochi. Con l’approvazione dello schema di decreto legislativo che darà piena attuazione alla riforma europea del settore (regolamento Mica 2023/1114), il mondo delle criptovalute e dei criptoasset entra definitivamente nell’età adulta, quella che dovrebbe evitare il ripetersi di cavalcate speculative, crac miliardari e miriadi di sprovveduti investitori scottati da evitabili, facili appetiti. Il prezzo da pagare, se così si può dire, per il “salto” nella civiltà dei rapporti giuridici è il cambio di natura dell’affascinante mondo cripto: stop all’anomimato, ai flussi di ricchezza non tracciata (e non fiscalizzata), al riciclaggio massivo, e auspicabilmente stop anche alle pratiche finanziarie molto poco ortodosse.
Il “mirino” dell’Unione europea
Il settore della seconda rivoluzione digitale – legato alla tecnologia Dlt, volgarmente nota come blockchain – era entrato nel mirino del legislatore europeo nel 2020, quando la consapevolezza dei rischi legati alla deregulation, o meglio alla non-regulation (cifra identitaria del digitale sin dai suoi primi vagiti) arrivava a maturazione.
L’approdo, dopo tre anni di incubazione, è stato il regolamento Mica, in vigore da 29 giugno 2023 e che dal 30 dicembre prossimo diventerà auto-applicativo nell’area unionale dei 27, una base normativa armonizzata che lascia ai singoli paesi alcune caselle da riempire.
Se il regolatore europeo ha scelto una regolamentazione minima comune valida per tutte le cripto attività – dagli obblighi di trasparenza informativa per l’emissione e l’offerta al pubblico, la governance degli emittenti e dei prestatori di servizi, la tutela dei possessori di cripto attività e dei clienti dei prestatori di servizi – agli Stati è rimasto in carico il compito di individuare le autorità preposte e di dare contenuto al versante penale e a quello delle infrazioni/sanzioni amministrative.
Il ruolo di Banca d’Italia e di Consob
Sul primo versante (le autorità) la scelta del legislatore italiano è stata quella di calare sul mondo cripto il modello di autorizzazione e controllo suggerito dal Gafi (gruppo di azione finanziaria internazionale: antiriciclaggio) già applicato per gli istituti di moneta elettronica, con l’accoppiata Banca d’Italia e Consob dotata di poteri autorizzatori, di controllo e di ispezione particolarmente incisivi.
Nella nuova architettura “trasparente dell’universo cripto, e a garanzia degli investitori/clienti, c’è la separazione patrimoniale della riserva di attività degli Art (asset-referenced token ) e delle cripto-attività detenute in custodia dai Casp (gli intermediari digitali). La finalità è di evitare la confusione degli asset del gestore e soprattutto il dissolvimento delle garanzie per i rimborsi degli investitori.
Mercato italiano cripto vicino a 3 miliardi
Sono più di un milione e 300 mila gli italiani che posseggono criptovalute per un valore di mercato, al 31 marzo scorso, superiore a 2,7 miliardi di euro, si tratta per la maggior parte di persone fisiche, per un terzo di età compresa tra 18 e 29 anni, un quarto tra 30 e 39 anni, percentuali che si volatilizzano nella fascia over 60 (5%).
A recensire il parco “cripto” è l’Oam (organismo agenti mobiliari) a cui dallo scorso anno il legislatore italiano ha affidato il ruolo di gatekepeer del mondo finanziario in blockchain. Chi opera in criptoasset deve essere monitorato nel registro Oam, che però entro la metà del prossimo anno diventerà un passaporto europeo attraverso una nuova procedura autorizzatoria per diventare Casp (cripto asset service provider).
Abusivismo e sanzioni
Fuori dalla staffetta temporale del registro Oam/registro Casp, trattare cripto asset integra il reato di abusivismo finanziario (reclusione da sei mesi a quattro anni e la multa da 2.066 euro 10.329). Non meno afflittive anche le sanzioni amministrative e agli enti (per esempio l’abuso, comunicazione illecita di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila euro fino a cinque milioni).
A norma del Mica le sanzioni sono già anticipatamente a regime dallo scorso 30 giugno, e peraltro un filone giurisprudenziale già da tempo applica la fattispecie di abusivismo finanziario. Il problema di eventuale retroattività della norma penale, vietata dalla Costituzione, si pone anche per le sanzioni amministrative «particolarmente afflittive» disegnate dal combinato disposto delle norne unionali e nazionali.
Sorgente: Cripto, finisce l’era dell’anonimato e del nero (e forse anche quella dei crac) – Il Sole 24 ORE
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